26-09-2023 Maiali uccisi: tredici associazioni chiedono un tavolo di confronto e accusano l’uso eccessivo della forza

 

Sul tragico caso dell’abbattimento dei 10 maiali del rifugio “Progetto Cuori liberi” di Zinasco (PV) del 20 settembre scorso, tredici associazioni (*) hanno inviato oggi una nuova lettera alle autorità coinvolte, che denuncia l’uso eccessivo della forza pubblica ed evidenzia tutte le criticità emerse nella gestione della vicenda. Una gestione sorda alle richieste delle stesse associazioni, che proprio il giorno prima delle soppressioni avevano inviato agli stessi destinatari un’istanza che – con argomenti etici, legali e logici – chiedeva di salvare la vita degli animali, in quel momento sani o positivi alla peste suina africana ma senza sintomi. Nella lettera si chiede oggi l’istituzione di un “tavolo di confronto urgente che porti all’elaborazione e alla stesura di un protocollo comune (istituzioni/associazioni) per la gestione di positività all’interno dei rifugi permanenti, in modo che quanto avvenuto la scorsa settimana non debba più accadere”.
Nell’istanza del 19 settembre le associazioni avevano sollevato due obiezioni fondanti che avrebbero potuto evitare, se approfondite e ponderate, l’uccisione dei suini del Rifugio: la specificità del luogo nel quale questi animali vivevano e cioè un “rifugio permanente” ai sensi del D.M. 7 marzo 2023, che ospita animali salvati dall’industria alimentare e che mai sarebbero stati reimmessi in quella filiera; la possibilità di osservare questi maiali come individui infetti senza sintomi, circostanza che avrebbe consentito di studiare il decorso della malattia e valutare un “protocollo clinico“ per la cura.
Gli animali del rifugio sono invece stati uccisi in esecuzione dell’ordinanza dell’Ats di Pavia (prot. n. 49671/23) senza tenere in minimo conto che si trattava a tutti gli effetti – stante anche il dettato del summenzionato decreto ministeriale, che ha normato i “rifugi permanenti” – di animali di affezione, come tali non più solo dei semplici suini ma dei membri della famiglia del rifugio”, scrivono le associazioni.
Quanto all’uso della forza pubblica che ha fatto irruzione nel santuario, la missiva riporta: “L’accesso di Ats alla struttura è stato reso possibile dall’intervento della forza pubblica attraverso un imponente dispiegamento di agenti antisommossa che hanno divelto i cancelli e trascinato via i manifestanti pacifici accorsi sul posto per protestare contro la decisione di sopprimere i maiali. Nel corso dell’intervento di polizia è stato fatto ricorso a un uso eccessivo della forza, tanto che numerosi manifestanti, che si limitavano a restare attaccati alle recinzioni, hanno subito lesioni personali come conseguenza dell’uso di manganelli, pugni e spintoni”.
Da ultimo, viene sottolineato come l’Ats sia venuta meno agli accordi presi con i gestori del rifugio e la veterinaria di fiducia della struttura, avendo garantito a quest’ultima un congruo preavviso prima dell’intervento, affinché potesse prendere parte alle operazioni, mentre così non è stato.
Le associazioni attendono ora dalle autorità destinatarie della lettera un riscontro affinché non debba mai più ripetersi una tragedia che ha lasciato sgomenta l’opinione pubblica a livello nazionale.